luisa con microfono che viene intervistata
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Ciao,
sono Cristina Dall’Olio, laureata in Lingue e Culture per il Turismo all’università degli studi di Torino. Durante la stesura della mia tesi, “Turismo sociale, territorio inclusivo: l’esempio di Cityfriend“, ho avuto modo di intervistare Luisa Pavesi, cofondatrice di Cityfriend.

Pubblico questa intervista per raccontare lo spirito e gli obiettivi della startup.

Intervista a Luisa Pavesi, cofondatrice di Cityfriend

Come è nata l’idea di creare Cityfriend e come si è sviluppata questa idea?

Dunque, l’idea è nata ufficialmente più di tre anni fa, perché la startup innovativa a vocazione sociale è stata fondata nel settembre 2019, ma in realtà ci lavoravamo già da prima. Ed è nata quando, dopo anni nel settore, io e gli altri soci abbiamo cominciato a renderci conto che c’era una mancanza di copertura di servizi turistici per le persone con disabilità o esigenze specifiche e, soprattutto, di comunicazione di tali servizi perché poche strutture vanno a raccontare sul proprio sito il loro approccio all’accessibilità.

Prima di andare a costituire la società abbiamo cercato di definire le necessità delle persone con disabilità. Abbiamo, quindi, iniziato a collaborare con le associazioni principali di persone con disabilità, ed è qui che è nata la consapevolezza che se si vuole parlare di turismo inclusivo, non bisogna considerare solo le disabilità motorie, ma anche le esigenze delle persone con disabilità sensoriale in viaggio, quindi persone cieche e sorde, e le esigenze delle persone con disabilità intellettiva o relazionale, quindi persone, appunto, con difficoltà di comunicazione e di relazione, e anche persone autistiche, che non sono persone con disabilità, ma sono persone che hanno esigenze specifiche, oltre che i clienti senior. Tutti questi bisogni rientrano comunque in un’offerta che va targettizzata in modo molto molto specifico.

Una volta capito quali sono le esigenze, abbiamo cercato, sempre in collaborazione con le associazioni, di definire delle schede di caratteristiche relative all’accessibilità da attribuire ad esperienze e strutture, in modo che il turista vedendo tali schede possa valutare se un’esperienza o una struttura è adatta o meno alle sue esigenze. Queste caratteristiche accessibili sono varie quanto lo sono le necessità di persone con disabilità, per questo motivo è necessario, da parte nostra, fornire quante più informazioni possibili per permettere ai nostri utenti di scegliere ciò che più si avvicina ai loro bisogni.

E quindi abbiamo definito dei parametri che però non diamo agli hotel come autovalutazione, perché anche qui ci siamo resi conto che l’altro grosso problema per lo sviluppo del turismo inclusivo è la mancanza di conoscenza anche degli operatori stessi. Abbiamo deciso quindi di formare personalmente degli operatori del turismo, quindi già competenti nel settore, in modo che possano aiutare le strutture ricettive a creare dei prodotti e dei servizi accessibili, e a raccontare la propria accessibilità. Abbiamo iniziato a fare dei corsi per formare una figura che si chiama il “facilitatore del turismo accessibile”, il Cityfriend. A questo punto, abbiamo definito, sempre con le associazioni e con dei formatori specializzati nel settore della disabilità, i moduli formativi.

Quindi, una volta sviluppato il piano formativo, abbiamo costituito la società, che appunto abbiamo scelto di fare come startup innovativa a vocazione sociale, una tipologia di azienda un po’ diversa dalla standard, ce ne sono poche in Italia, di startup innovative ne sono state create parecchie soprattutto negli ultimi anni, però a vocazione sociale sono veramente poche. Perché ci serviva essere una startup innovativa? Perché, così come per noi era fondamentale avere a disposizione personale formato e preparato per creare un servizio turistico, era fondamentale anche avere un supporto tecnologico. Ormai qualsiasi struttura ricettiva ha una piattaforma web per andare a raccontarsi e per presentare i propri servizi ai turisti, quindi era necessario avere a disposizione un sito web in cui queste strutture potessero descrivere la propria accessibilità.

Quando un albergatore chiede che la sua struttura venga aggiunta al nostro sito, noi gli mandiamo uno dei nostri facilitatori per un sopralluogo in modo che possa compilare la scheda da noi fornita, che verrà poi inviata ai turisti che la richiederanno, e descrivere al meglio le caratteristiche della struttura. Ovviamente Cityfriend.it rimane un portale turistico quindi, oltre al lato informativo, è molto importante il lato commerciale, per cui questa scheda tecnica viene inizialmente convertita in modo da, innanzitutto, invogliare l’utente ad andare in vacanza, e poi successivamente viene inviata in maniera integrale a coloro che sono interessati ad ottenere ulteriori dettagli sull’accessibilità. Insieme alla struttura vengono presentate le esperienze inclusive da noi create nel territorio in modo da creare dei pacchetti vacanza.

Come ha preso il via il progetto concretamente dall’idea?

Sicuramente partendo dalla formazione, e quindi collaborando con le guide e gli accompagnatori che sono stati formati, adesso abbiamo, un’ottantina di esperienze accessibili raccontate sul nostro sito in 10 regioni diverse d’Italia, quindi non siamo solo sul Piemonte, ma copriamo le regioni principali con maggiore afflusso turistico. Quindi ogni volta che facciamo un corso andiamo ad arricchire le collaborazioni ed avere sempre più contenuti. Noi forniamo una formazione in ambito di disabilità agli accompagnatori e loro ci forniscono le loro conoscenze sul territorio in cui operano, in modo da poter creare, insieme, delle esperienze accessibili. Per cui noi partiamo dalla persona e invece che identificare le destinazioni su cui vogliamo essere presenti, creiamo l’offerta turistica accessibile nelle destinazioni in cui abbiamo personale formato.

Quali sono state le difficoltà iniziali?

Tantissime. Intanto la diffidenza da parte delle strutture, perché si pensa che gestire una persona con disabilità sia più problematico che gestire un turista senza disabilità. Ovviamente non tutte le strutture sono predisposte a questo tipo di clientela, così come del resto non tutte le strutture sono predisposte a gestire i senior o le famiglie con bambini.

C’è tuttora parecchia diffidenza nell’approcciarsi a questo tipo di turismo perché ci si rende conto che è un campo in cui bisogna essere molto competenti per offrire un servizio di qualità e di buon livello, come ormai, insomma, i nostri albergatori italiani vogliono fare. Però è una necessità perché nelle destinazioni più frequentate, per esempio Firenze, Roma, Venezia, arrivano anche turisti con disabilità, soprattutto stranieri.

E invece quali sono state le prime soddisfazioni e le soddisfazioni più grandi?

Sicuramente sentire l’interesse e il cambiamento culturale che genera la formazione, la conoscenza in quest’ambito. Tutte le persone che formiamo dopo il corso dicono: «Ma sai che mi hai cambiato il modo di vedere le cose? Indipendentemente dal fatto che nel mio gruppo ci sia una persona con disabilità oppure no, io riesco a pensare di organizzare e di gestire l’esperienza turistica in modo diverso.»
Una volta che ricevi queste informazioni, cambiano il tuo modo di vedere ciò che ti circonda, io mi accorgo delle barriere anche quando vado dal panettiere. È proprio il cambiamento culturale quello che secondo me è il vero valore e significato del nostro lavoro, no? Cioè noi come impatto sociale non consideriamo quanti tour abbiamo venduto dal nostro sito, ma nel fatto che queste persone, dopo i nostri corsi, lavoreranno in modo inclusivo. E quindi in realtà l’impatto è proprio questo cambiamento, possiamo dire che qualsiasi tour che questa persona farà da ora in poi sarà più accessibile, e sarà sviluppato intorno alle esigenze delle persone con disabilità in modo che non debbano rinunciare alla possibilità di fare un’esperienza. Poiché l’esperienza va gestita in modo che sia diversa per tutti, per renderla uguale per tutti.

Come sviluppate i vostri pacchetti? Li create insieme ai facilitatori, oppure magari vi fate aiutare anche da delle aziende sanitarie?

Una volta definiti quelli che sono i protocolli di accessibilità, più che altro bisogna verificare l’accessibilità del territorio e l’offerta di strutture turistiche accessibile che c’è in quell’esperienza. Si crea andando a verificare e a “mappare” il territorio cercando di costruirci appunto un’esperienza turistica completa, quindi non solo la camminata, la visita con le informazioni culturali, ma anche proprio un’esperienza di condivisione con un momento di aperitivo, o con una degustazione di prodotti locali. Noi cerchiamo sempre di mettere anche un momento conviviale nell’esperienza, perché è fondamentale, ed è quello che le persone con disabilità ci hanno detto essere quello che gradiscono di più. Dopodiché facciamo delle sperimentazioni con persone con diverse disabilità o esigenze specifiche in modo da capire se l’esperienza è fruibile da tutti e poi, se funziona, la andiamo a mettere in piattaforma, oppure la modifichiamo, o la personalizziamo in modo da renderla il più possibile completa, ovviamente con il coinvolgimento di accompagnatori e guide che sono stati formati e che quindi possono sapere come andare a raccontare il tutto in modo inclusivo.

Ho visto che i diversi facilitatori hanno specializzazioni in diverse disabilità, ma in base a cosa vengono affidate?

In base alla propria predisposizione, il proprio carattere, i moduli di insegnamento che hanno trovato più interessanti o le disabilità con cui hanno già lavorato in precedenza. Come per le strutture, nessuno riesce a coprire le esigenze di tutti, poi, per carità, ci sono guide che hanno detto: «Per me non c’è problema, io lavoro con qualsiasi disabilità.» Però, insomma, non è così facile, se vuoi farlo in modo competente è facile che ti specializzi.

E avete anche a disposizione interpreti LIS?

Certamente. Collaboriamo con la scuola di lingua dei segni qua di Torino, uno dei loro docenti si occupa, nei nostri corsi, della sezione del modulo per le disabilità uditive. E poi, a supporto, sicuramente si può andare integrare con un interprete LIS che ovviamente affianca la guida. Perché è difficile che una guida, almeno non ci è ancora mai capitato, che una guida conosca così bene la lingua dei segni da poter fare in autonomia da interprete. Anche perché noi non facciamo mai tour o esperienze solo per persone con quella disabilità specifica, cioè le nostre esperienze sono inclusive, quindi si inseriscono tutti nel gruppo. Ovviamente questo comporta un problema di costi, perché ovviamente a questo punto, il tour se ha due figure professionali, ovviamente costa di più. Quindi, anche rispetto alla domanda precedente riguardo le difficoltà, un altro problema è proprio anche il costo dell’esperienza, perché rispetto a una normale esperienza turistica è tutta un’altra cosa avere una persona dedicata che conosce le tue esigenze, che ti accoglie, che fa da guida privata.

Per ora il sito quanta visibilità ha?

Troppo poca rispetto a quello che è il potenziale. Purtroppo non siamo ancora riusciti a investire abbastanza nella comunicazione. È uno degli obiettivi, quindi, ovviamente dei prossimi passi. Adesso che abbiamo investito nello sviluppo della piattaforma, bisogna farla conoscere e renderla anche multilingue. Ci vogliamo rivolgere sempre più  agli stranieri che arrivano in Italia e quindi al mercato dell’Incoming, visto che gli italiani che viaggiano in Italia, indipendentemente dalle esigenze specifiche che hanno oppure no, difficilmente scelgono anche un servizio di guida turistica.

Vi è già capitato di lavorare con turisti stranieri?

Sì, sia spagnoli che francesi che inglesi…

Io ho visto che voi adesso operate solo sul territorio italiano, ma l’idea è di spostarsi anche all’estero, per fare i vostri pacchetti, in futuro?

No, l’idea è di quella di sviluppare il mercato degli stranieri che vengono in Italia. Poi, per carità, non poniamo limiti, però diciamo che è veramente complesso gestire offerte completamente diverse.

Quali sono i vostri obiettivi più immediati?

Sicuramente di cambiare la cultura del turismo inclusivo e accessibile. Vorremmo riuscire ad avere sempre più strutture che investono e che credono in questo campo. Fortunatamente il mercato si sta muovendo sempre di più in questa direzione, attraverso nuovi bandi, anche il PNRR contiene molte azioni che possono aiutare il turismo ad andare verso una dimensione più inclusiva e accessibile.
E quindi, insomma, sicuramente le opportunità di crescita e di sviluppo del settore ci sono, bisogna avere la forza di farli conoscere a chi già lavora, che già si muove in questo campo.