Ciao,
sono Cristina Dall’Olio, laureata in Lingue e Culture per il Turismo all’università degli studi di Torino. Durante la stesura della mia tesi, “Turismo sociale, territorio inclusivo: l’esempio di Cityfriend“, ho avuto modo di intervistare Giulia Mosca, accompagnatrice turistica che collabora con Cityfriend.
Pubblico questa intervista per raccontare lo spirito e gli obiettivi di Cityfriend, startup innovativa a vocazione sociale fondata per rendere più facile e ricca di bellezza l’esperienza turistica e culturale delle persone con disabilità o esigenze specifiche.
Intervista a Giulia Mosca, accompagnatrice turistica Cityfriend
Come sei venuta a contatto con Cityfriend e come è iniziata questa collaborazione?
La mia collaborazione è iniziata alle origini del progetto, quando ho partecipato al primo corso che è stato lanciato nell’ottobre 2019, e quindi ho fatto parte della prima classe di facilitatori che è stata formata. Io l’avevo scoperto per caso, semplicemente con un banner sui social. Nonostante io abbia una formazione in ambito culturale, l’aspetto turistico mi ha sempre molto interessato.
In qualche modo ho sempre cercato di avvicinarmi a questo settore di attività e in quel momento io stavo vivendo un cambio, un trasloco, un cambio di città, e di vita. Quindi stavo passando dal vivere in pieno centro a Torino, a una zona totalmente diversa perché mi sono trasferita nel Biellese, e proprio in questo momento in cui stavo cambiando, insomma, stile di vita ho incontrato, questa promozione, questo banner di Cityfriend e mi ha veramente subito attratta, incuriosita.
Mi sono iscritta immediatamente ed è stata effettivamente un’esperienza che mi ha cambiato proprio, ha cambiato la mia visione del mondo e delle esperienze e del modo di vivere, insomma, un po’ tutti i giorni l’accoglienza.
Il corso è durato circa una settimana, ed è stato molto bello, rispetto anche alle precedenti esperienze che avevo fatto, perché loro hanno avuto l’idea, secondo me veramente vincente, di coinvolgere le associazioni più importanti che lavorano nei vari settori che hanno a che fare con le disabilità, e di farci vivere un’esperienza direttamente con la persona che vive tutti i giorni un’esigenza specifica, una disabilità, una barriera. Questo è stato veramente la chiave di svolta.
Riuscire ad incontrare persone, faccio un esempio, come Giulia Lamarca, che è stata la nostra formatrice per la disabilità motoria. Lei e suo marito ci hanno fatto provare la carrozzina, ci hanno fatto vivere le barriere, ci hanno raccontato i loro viaggi con una passione e un entusiasmo estremi.
Per tutti i partecipanti è stato veramente un momento di cambiamento nella visione delle cose. Quindi questo è
stato il primo punto, secondo me, di forza del progetto di Cityfriend, una formazione che coinvolge le associazioni e, soprattutto, i testimonial che vivono ogni giorno questa difficoltà e che la superano in maniera eccellente.
Terminata la formazione, io ho iniziato subito a lavorare nel mio territorio. Io fortunatamente intorno avevo tanti operatori a livello turistico interessati e sensibili a cui ho iniziato immediatamente a raccontare questo progetto. Quattro o cinque di loro si sono poi uniti al progetto, soprattutto una struttura che poi è diventata un po’ il nostro faro per le attività di Cityfriend, che è l’Antica Cascina del Medico di Muzzano, un posto straordinario, che è entrata subito a far parte della rete Cityfriend, e in cui abbiamo immediatamente iniziato a pianificare un’esperienza. La prima subito dopo aver terminato il corso, anche se,
ahimè, poi abbiamo avuto il periodo Covid, abbiamo riaperto da maggio, e poi nell’estate abbiamo iniziato con il primo Family Day.
Abbiamo avuto la fiducia di ANGSA Biella, quindi l’Associazione dei Genitori con Soggetti Autistici di Biella, che ha deciso di
programmare questa giornata insieme a noi. Ed è stato molto bello per entrambe le parti, sia per noi di Cityfriend e sia per l’associazione che abbiamo accolto, perché abbiamo capito che eravamo sulla strada giusta.
In questo caso per noi è stato vincente il fatto di avere una struttura in cui proprietari sono estremamente all’ascolto, quindi molto attenti e anche molto flessibili nel modificare dei servizi o anche solo attuare dei piccoli accorgimenti.
La figura del facilitatore è fondamentale, perché a differenza di qualsiasi altra figura turistica, deve avere una capacità di ascolto e una capacità empatica oltre alle competenze, e soprattutto avere la capacità di essere un po’ un ponte tra l’associazione o la persona che ha un bisogno specifico, e la struttura che accoglie per un’esperienza, per un viaggio, o per una vacanza.
Ti faccio un esempio, noi sappiamo che i rumori e i posti molto affollati tendono a essere dei momenti di criticità per le persone autistiche, cerchiamo quindi di svolgere l’esperienza in momenti di calma per la struttura, magari chiedere addirittura l’esclusiva. Quando facciamo i Family Day, generalmente cerchiamo sempre di dare uno spazio, magari anche solo un tavolo all’interno della struttura, una cosa molto semplice, perché a loro piace portarsi qualcosa da casa e avere uno spazio intimo in cui andare a giocare senza essere visti.
Quindi tutte queste conoscenze, sono molto, molto utili. Sono veramente delle piccole cose che andiamo a curare all’interno dell’esperienza, ma che per le persone con bisogni speciali e i loro accompagnatori hanno un valore enorme, e se loro sanno che tu le hai colte, che le stai, come dire, te ne stai prendendo cura, per loro è una cosa bellissima e rende la loro esperienza decisamente di un altro valore, di un’altra qualità, quindi questo è un aspetto, insomma, molto importante.
Devo dirti che dopo questa prima esperienza, mi ha dato così tanto organizzare questo Family Day con ANGSA Biella, che poco dopo ho deciso di completare la mia formazione e diventare anche accompagnatrice turistica. Quindi mi sono iscritta e ho preso anche il patentino per poter essere anche ufficialmente un accompagnatore sul territorio. Per tutta l’estate ogni 15 giorni abbiamo lavorato e abbiamo alzato l’asticella, perché in questo caso noi facevamo delle uscite inclusive, quindi non c’era un’uscita dedicata a un’associazione, a una persona con disabilità, ma a un gruppo.
Quella è stata un’esperienza straordinaria perché abbiamo avuto il gruppo misto, finalmente abbiamo lavorato promuovendo un’esperienza bella, piena, divertente, ma senza differenze, quindi poteva partecipare chiunque, e ha partecipato veramente
chiunque in un gruppo. Dopo la prima volta, che è stata quella che ha richiesto un pochino più di impegno, questo gruppo si è fidelizzato e abbiamo coinvolto tante persone nell’arco dell’estate e le differenze sono scomparse, ti assicuro, nessuno vedeva più la famiglia con un ragazzo che aveva una disabilità cognitiva, oramai era diventato veramente un gruppo omogeneo talmente bello che appunto molte persone ci hanno seguito per tutta l’estate e quindi abbiamo veramente fatto un percorso di esperienze sul territorio, sempre legato al contesto naturale estremamente pieno di emozioni, di soddisfazioni.
Che tipo di formazione hai fatto e come hai deciso di entrare nel mondo del turismo e dell’inclusione?
Io parto da una formazione in ambito culturale, mi sono laureata in beni culturali ovviamente molti anni fa. Anche se io ho sempre lavorato in ambito commerciale aziendale, quindi in tutt’altri settori, non nel settore propriamente culturale. Da qualche anno sono una bibliotecaria, come da mia formazione di origine.
Il turismo mi ha sempre interessato molto, perché mi piace essere parte attiva del territorio. Finché ho vissuto in città, è stato difficile, ho provato a informarmi tante volte, ma alla fine ho sempre preso strade diverse. Quando sono arrivata nel Biellese è come se avessi sentito un po’ una chiamata, una responsabilità anche per il territorio in cui mi stavo inserendo, forse per il
fatto di essere in un paese più piccolo che aveva bisogno in realtà di risorse che investissero tempo in ambito turistico. Invece dal punto di vista dell’inclusione e dell’accessibilità, è stato apparentemente casuale, perché appunto io mi sono iscritta
tramite un annuncio, però probabilmente era già un po’ una mia vocazione, un interesse che avevo comunque attivo, soprattutto nell’aspetto della gestione dei bambini, mi è sempre piaciuto molto questo ambito. Inizialmente mi sono unita a Cityfriend proprio per gestire le famiglie, poi mi sono resa conto, proprio dalla prima esperienza, che in realtà il grosso insegnamento che mi aveva dato la formazione Cityfriend era quello di creare esperienze per tutti, quindi, al di là di qualsiasi persona che possa far parte del mio gruppo.
Questa formazione te la porti per tutti i campi della tua attività. Quindi io sono un accompagnatore, un facilitatore Cityfriend e anche una bibliotecaria all’interno di una grossa biblioteca civica del territorio, ma ovviamente mi occupo di inclusione in tutti i miei settori. Occupandomi anche di eventi legati alla cultura, ovviamente faccio in modo che l’evento sia accessibile: mi
occupo di come comunicarlo, come accogliere, come formare a volte anche i miei stessi colleghi di lavoro nella gestione e accoglienza di coloro che hanno esigenze specifiche.
Quali sono state le sue impressioni sul corso offerto da Cityfriend? Ha avuto il bisogno di formarsi ulteriormente?
Ho seguito solo il corso di Cityfriend ma l’ho seguito più volte, nel senso che, al di là della prima esperienza del 2019, che è stata bellissima perché era ancora totalmente in presenza quindi veramente molto molto piena e molto ricca, poi ho partecipato ad alcune delle successive, e poi, in realtà, è stato proprio il lavoro con le associazioni, col territorio, con le persone che mi ha formato di più. Ricordando che non siamo operatori sociali, quindi non lavoriamo in ambito educativo e sociale, spesso c’è molta difficoltà a mettere a fuoco l’equilibrio tra una figura turistica e una figura che opera invece in ambito sociale
perché tendiamo a mettere in una casella o nell’altra casella, ma capire che ci può essere un equilibrio dove si possono avere delle competenze da una parte turistiche, e delle attenzioni e delle competenze dall’altra parte, è ancora un po’ difficile.
Quali sono stati e quali sono i vantaggi e, se ci sono, gli svantaggi in questa collaborazione con Cityfriend?
Partendo dall’aspetto che forse è stato quello un pochino più difficile, io ho iniziato a lavorare con loro quando Cityfriend era ancora agli inizi, quindi bisogna ricordarsi che quando si lavora per una startup è tutto nuovo, e quindi è una sperimentazione. Io ho partecipato nel mio passato lavorativo, prima di Cityfriend, ad altre due startup, quindi ero forse mentalmente più preparata al fatto di studiare insieme a loro un progetto. Quindi la difficoltà in generale è sapere che quando si entra in una startup non c’è sempre una regola definita, ma che le regole vengono sperimentate e create anche sul campo. Nel mio
caso è stato comunque anche l’aspetto positivo, perché sperimentare con loro ovviamente mi ha portato tantissimo.
Il vantaggio di collaborare con Cityfriend è poter venire a contatto con queste tematiche a 360 °. Quindi non ci specializziamo su un tipo di bisogno o solo sull’esperienza turistica, ci occupiamo di tutto. È stato molto interessante entrare in Cityfriend, perché ho avuto la possibilità di fare tantissime attività, quella turistica, ma anche quella di progettazione, per esempio, in ambito culturale di un evento, o anche quella di partecipare ai bandi, per rivedere l’accessibilità di una struttura, e poi anche il fatto di formarmi a livello comunicativo, saper scrivere e comunicare la disabilità fa la differenza. Se tu fai attenzione
ai siti anche di istituzioni culturali, vedi subito la differenza tra chi ha un linguaggio e l’attenzione all’accessibilità, e chi ancora non è entrato in quel mondo. Quindi lavorare con Cityfriend ti dà un ampio raggio d’azione, tenendo a mente che siamo in una startup e che quindi bisogna essere propositivi, non entriamo in un contesto strutturato di un’azienda che ha un’esperienza di cento anni nel settore, entriamo in qualcosa di nuovissimo che sta portando una visione che andrà a cambiare i prossimi anni.
Quali sono i suoi obiettivi futuri e cosa ti aspetti di migliorare nel tuo lavoro?
Allora devo dire che già io da quest’anno ho una serie di attività legate a Cityfriend e quindi è un anno che spero sarà ricco perché porteremo, diciamo, parteciperemo a un convegno dove andremo a parlare di Cityfriend e l’esperienza della sperimentazione che è stata fatta al Museo dell’Auto.
Quindi il primo progetto che affronterò, il primo argomento che affronterò è quello della tecnologia a supporto, l’alta tecnologia, realtà virtuale, realtà aumentata, a sostegno delle persone con disabilità.
Quindi prima riflessione dell’anno, che avverrà in primavera e che condividerò, insomma, con i bibliotecari italiani, è proprio quella di capire come la tecnologia e la sperimentazione che è stata fatta da Cityfriend possa essere trasportata in tutti i nostri settori di attività, e utilizzerà la tecnologia dove in realtà le barriere ci sono e non le possiamo abbattere.
Il secondo obiettivo che ho è quello di portare negli eventi culturali sicuramente l’interprete in Lingua Italiana dei Segni. Ormai io ho capito che avere degli eventi senza l’interprete almeno di un 50% della proposta è anacronistico. E poi
terzo, sicuramente andremo a lavorare, partecipare a dei bandi, insomma, abbiamo dei progetti per pianificare delle uscite poi dalla parte estiva, e quindi andare a creare delle esperienze nel territorio che insegnino un po’ a tutti i partecipanti del gruppo a stare insieme.
Hai indicato, nel tuo profilo sul sito di Cityfriend, alcune categorie di utenti con cui preferisci lavorare, come è avvenuta questa scelta?
Allora devo dirti che le ho scelte in maniera prudente, quando ero ancora all’inizio della mia partecipazione. In realtà adesso li aggiornerò, perché questa chiacchierata mi ha comunque fatto prendere coscienza, quando si parla di quello che si fa in qualche modo si prende un pochino più consapevolezza. Ora, devo dire che mi sento in grado di accogliere tutti i tipi di disabilità e devo dirti che poi, ripensando al mio percorso, credo di averli accolti tutti, a volte anche nello stesso gruppo, quindi persone con disabilità motoria, sensoriale, cognitiva e senior in un’esperienza unica. Ho avuto un gruppo in particolare, dove credo di averle avute tutte presenti, e ci siamo divertiti veramente tantissimo, e quindi è lì che ho capito che in realtà, con una buona organizzazione e un’attenzione competente, non c’è più bisogno di mettere etichette a quella scheda.